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In questi due giorni abbiamo dato spazio al caso-Rovanpera, uno dei pomi della discordia del quarto appuntamento del Campionato Italiano appena andato in archivio, rimane da affrontare però un secondo tema alquanto spinoso che ci farà discutere ancora per molto: il taglio all’ultimo delle Prove Speciali del Rally Adriatico che, francamente, ci lascia alquanto sbigottiti.
Il percorso di gara ha subìto prima della partenza una pesante riduzione del chilometraggio (più del 25% in meno) per delle incomprensioni tra gli enti che hanno revocato all’ultimo i permessi e costretto gli organizzatori a depennare dall’evento due tratti del percorso, passando da un totale di circa 130 Km. a poco più di 97 Km contro il tempo.
Questo scottante argomento è stato messo in secondo piano un po’ da tutti al termine della gara, ma sarete d’accordo con noi nel reputare inconcepibile per la massima espressione della disciplina rallystica del Belpaese una cosa del genere. I permessi rallystici vengono normalmente richiesti molto tempo prima della gara, quindi anche in questo caso sembra “strano” che proprio all’ultimo si siano verificati questi misunderstanding. Mettiamoci soprattutto nei panni di quei piloti non ufficiali che decidono di correre una gara titolata e di prestigio pagando una profumata tassa d’iscrizione: come ci si sente ad aver speso una cifra consistente per correre un chilometraggio assolutamente inadeguato alla caratura dell’evento?
Sappiamo benissimo che al giorno d’oggi ottenere permessi ed organizzare eventi motoristici sul nostro territorio è diventato difficilissimo, ma sarebbe cosa e buona e giusta avvisare i diretti interessati con tempestività dando loro la possibilità di scegliere, una volta viste le condizioni, se forse non è il caso di dirottare il budget recuperato per correre in altre gare magari meno dispendiose piuttosto che “buttare” i propri risparmi un una costosa “Ronde” travestita da CIR.
Anche in questo caso, non sappiamo se stiamo parlando con cognizione di causa o meno e siamo pronti a scusarci, ma fino a prova contraria (ovvero documenti che provino la bontà dell’operato dell’organizzatore e le lacune di questi enti ai quali sono state scaricate le responsabilità, presentatesi “all’ultimo”) possiamo tranquillamente dire di essere stufi.
Siamo stufi di continuare a vivere queste situazioni non chiare. Siamo stufi in primis come tifosi di trovarci di fronte ad un campionato ricco di grandi personaggi ma povero di strade dove lasciarli lottare. Siamo stufi di un regolamento che suddivide delle gare già ridotte all’osso.
Siamo stufi inoltre come organi di informazione (o presunti tali, visto che ottenere un accredito stampa in determinate gare italiane tra cui l’Adriatico per una realtà come la nostra che può vantare un accredito FIA WRC è diventata un’impresa impossibile, nonostante gli oltre 380mila contatti avuti sui soli social network nei due giorni di gara) costretti a dover scrivere queste parole invece che esaltare i pregi dei nostri campionati. E siamo stufi anche di coloro che, anziché mettere in luce queste problematiche continuano a fare finta di niente. O peggio, remano contro quando invece dovremmo cercare di muoverci nella stessa direzione, per amore di una disciplina che fino agli anni ’90 occupava le prime pagine dei giornali grazie al suo spettacolo e non solo in caso di tragedie.
P.S.: Se siete arrivati a leggere questo articolo con calma fino a qui, dovreste averci messo (comprendendone il contenuto in ogni sua parte) almeno 7 minuti, un tempo due volte superiore rispetto a quello necessario ai protagonisti dell’Adriatico per completare le singole speciali affrontate nel week-end.
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