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Con l’avvento del nuovo regolamento nel 2011 e in particolar modo con l’ingresso di Volkswagen e Hyundai, l’interesse si è tutto concentrato su alcuni aspetti, quali efficienza termica, rendimento volumetrico e più in generale il rapporto fra vari compromessi di natura meccanica/fluidodinamica finalizzati al miglior risultato. In pratica, si tratta di stabilire qual è il giusto compromesso ottenibile attraverso determinate soluzioni (e scelte): Michel Nandan –lo abbiamo ribadito in più occasioni- si era presentato alla stampa affermando di aver cercato un’ottimizzazione dei flussi (riducendo la loro turbolenza) –per dirla in termici generici- a discapito, magari di alcuni cavalli vapore.
E quanti sarebbero, tuttavia, questi cavalli?
E’ un dilemma di non poco conto, anche perché il lavoro sul gruppo turbocompressore è letteralmente “ammazzato” dall’articolo 5.1.1 del regolamento tecnico che impone, di fatto, un congelamento, anche per via della presenza della flangia di 33 mm. Molto più libera, invece, l’interpretazione a proposito dello scambiatore di calore (intercooler), la cui dimensione e posizionamento risultano completamente svincolate da norme strette. Da notare, inoltre, come l’attenzione si sia concentrata su tutti i “buchetti” del regolamento: dall’ingresso di VW, i tedeschi hanno fatto scuola –ad esempio- sui passaruota, la cui concezione è stata ripresa –non a caso- da Hyundai.
La “silhouette” è importante, su questo non si discute, ma a destare attenzioni –benché così non sia- dovrebbe essere proprio un filone fin troppo trascurato, che influenza in modo decisivo il valore prestazionale di una vettura. Sottolineiamo anche l’importanza dei cinematismi delle sospensioni, che pure hanno un valore assoluto alto nel rally, ma le modifiche sono relative, in funzione del fatto che si ha una geometria costruttiva –McPherson- già duttile e di facile messa punto, su cui si lavora nella correzione dei punti di attacco.
Se ne deduce, fatte queste premesse, che l’analisi di termodinamica nel WRC è davvero decisiva. E magari il nuovo corso regolamentare della F1 può insegnare qualcosa, circa le tendenze tecniche del momento, in parte accostabili a quelle del mondiale rally.
L’intercooler, la turbina e il compressore: cenni essenziali sul funzionamento
Per capire con immediatezza -anche se in modo in parte semplificato- il ruolo sostenuto dall’intercooler, è opportuno inserire subito l’equazione di stato dei gas perfetti, che descrive in modo abbastanza preciso il comportamento di alcuni gas.
P*V=n*R*T
Con R valore costante, n pari a massa generica misurata in moli (ma per l’analisi che verrà condotta non si prenderanno in considerazione le specifiche unità di misura), T rappresenta la temperatura in Kelvin, P è la pressione del gas, V è il volume (costante). Si ha cioè sul piano pressione/volume un valore del volume costante, a dispetto di temperatura e pressione. Il ragionamento è intuitivo: l’intercooler abbassa la temperatura del gas (aumentando la densità), ottenendo masse d’aria in ingresso nel cilindro maggiori. Isolando n, infatti, si ottiene:
n= (P*V)/R*T
Valori al denominatore più bassi aumentano il valore di n e di conseguenza, per semplificare, affermiamo che la potenza è maggiore. Tralasceremo alcuni aspetti che per il WRC risultano nel complesso “stabili”: nulla vieta alle case di mettere a punto una testata o delle valvole migliori di un’altra casa, ma con buona approssimazione, visti i suddetti limiti regolamentari, una volta omologato il motore, si avranno situazioni molto simili. Sul piano del volume d’aria, dunque, c’è poco da dire.
Interessante, però, è ragionare ancora sul ruolo del compressore e su un’analisi attenta delle temperature in ingresso e in uscita. A proposito del rendimento, c’è da notare che la tendenza, nella realizzazione di turbomacchine, a rendere più isoterme (temperatura costante) possibili le compressioni, al fine di ridurre il lavoro. Senza complicare in modo ulteriore, non verrà proposta l’equazione che consente di calcolare la temperatura in uscita da un compressore, ma diciamo semplicemente che dato un rendimento del compressore di 0,7 ed una temperatura dell’aria di 20°C, si avrà una temperatura d’uscita superiore ai 100°C.
Si capisce facilmente che, prima di immettere l’aria nel motore, la presenza dell’intercooler è decisiva. Sulla tipologia del compressore, c’è poco da discutere: si utilizza quella radiale, dal momento in cui quella assiale –benché concessa dal regolamento- implicherebbe una molteplice installazione multistadio di più compressori per raggiungere la sovrappressione generalmente riscontrabile nel WRC.
Riassumendo. Una variazione sensibile della sezione dell’intercooler implica sbalzi importanti sul piano dell’efficienza, nonché causa importanti variazioni nella potenza e nel modo in cui essa è gestita. Si pensi –tanto per fare un’escursione fuori campo- al travaglio tecnico della Ferrari nel 2014: in quel caso, il gruppo turbocompressore era sottodimensionato. Non approfondiamo il tema, ma una sua modifica ha reso possibile una gestione corretta della pressione di sovralimentazione; in altre parole, è avvenuto l’opposto del problema descritto: parte della prestazione –con un intercooler troppo voluminoso- viene dispersa, il turbocompressore viene affaticato, incappando in difficoltà in accelerazione.
Molto tipica della Hyundai è in effetti la prima delle due complicazioni. Il downsizing tende ad affaticare il gruppo turbocompressore: una girante troppo piccola viene “stressata” se l’energia dei gas di scarico è troppo alta. Stessa cosa dicasi per l’intercooler, che viene naturalmente rapportato alle temperature d’esercizio. Osare troppo in sede di progetto comporta quelle difficoltà, quelle situazioni note per le quali “l’auto non risponde alle modifiche”. In tal caso, ci sono difetti di fondo la cui correzione è problematica, dove neppure un intervento sulla trasmissione –in particolare sul settaggio del differenziale- può bastare.
Lavoro risparmiato sul piano pV
L’intercooler nel WRC, l’installazione a V e sistemi a confronto
Malcolm Wilson, prima del Rally d’Argentina, ha affermato che il pacchetto di aggiornamenti installato in Portogallo sarebbe stato uno dei più importanti nella storia M-Sport. In effetti, sembrerebbe che la Ford Fiesta-B –così la possiamo chiamare- sia stata progettata infilandosi in tutti i cunicoli regolamentari, intervenendo, a detta dello stesso Wilson, proprio dall’intercooler fino alla trasmissione, ai cablaggi e al posizionamento del motore stesso.
Da qui partiamo per la descrizione dell’approccio attuale alla fluidodinamica nel WRC, che, per quanto problematica, ha dei punti fissi. In primo luogo, c’è da osservare che la soluzione dell’intercooler adottata da tutti i costruttori è a V, che pur presentando qualche complicazione sul piano dell’installazione, è migliore di quella “Front-Mounted”: il turbo lag risulta ridotto in quanto il percorso che separa il compressore dalle camere di scoppio è minore. Inoltre, un’installazione frontale risulterebbe ancora più ostica in quanto d’ostacolo ai radiatori; generalmente, la soluzione risulta anche migliore della TMIC, top mounted, poiché inadeguata per l’esigenza di raffreddamento di una vettura del WRC.
Per quanto concerne il genere “intercooler aria-aria” e il genere “aria-acqua”, ci limitiamo a osservare in primo luogo gli aspetti fondamentali: da un punto di vista del rendimento meccanico, giacché comporta un dispendio energetico maggiore, a causa della presenza di una pompa e del sistema di “piping”, l’intercooler aria-acqua è da considerarsi “sfavorito”. Sul piano ingombri –fondamentale- avviene l’opposto, dal momento in cui l’intercooler è ad acqua, il cui coefficiente di scambio termico è nettamente superiore a quello dell’aria. Detto delle dimensioni minori, l’intercooler aria-acqua ha una maggiore flessibilità della posizione, mentre la tipologia aria-aria ha l’obbligo di essere investito dall’aria e, in quanto tale, dipende anche dalla temperatura esterna, a differenza della tipologia ad acqua.
Fatte queste sintetiche considerazioni, bisogna dire che –benché nella scheda tecnica non venga mai esplicitato- nel WRC si usa l’intercooler aria-aria e storicamente risulta preferito il suo utilizzo nel mondiale, per considerazioni non nel merito della “prestazione” ma dell’affidabilità: il più complesso sistema ad acqua è naturalmente più esposto a cedimenti e a danneggiamenti, a perdite idrauliche che comprometterebbero l’affidabilità complessiva della vettura.
Schema essenziale di un intercooler
E’ chiaro, in seguito al Rally del Portogallo, che alcuni aspetti nel rally su terra d’eccellenza siano emersi: la Polo ha mostrato sotto ogni profilo qualità di motore, di telaio ed aerodinamica. Da un lato, si nota chiaramente la grande precisione in ingresso curva, grazie ad un anteriore ben bilanciato, meno duro di quello Citroen, mentre dall’altro si nota altrettanto spessore tecnico in ripartenza e in generale ai bassi regimi: la soluzione di VW per contrastare il turbolag è probabilmente migliore.
In questo discorso rientra anche il lavoro sulla geometria delle sospensioni, che specie al posteriore, risulta più complesso: il McPherson al retrotreno ha comportamenti più anomali –provocando variazioni importanti degli angoli di camber- si interviene per regolare in modo ottimale il centro di rollio. Scuotimenti eccessivi e atteggiamenti di instabilità della vettura conducono ad un indurimento del setup, che a sua volta rende l’auto “poco guidabile”.
Sotto questo profilo, interessante è anche il lavoro di Citroen, con la modifica ben visibile dei passaruota anteriori, che ha risolto il suo ritardo nel comparto aerodinamica: dopo aver integrato al meglio telaio e motore, con l’ultimo step di aerodinamica –sul quale i francesi sono intervenuti in modo più leggero- la casa del double chevron si dovrebbe –sul medio termine- riavvicinare.
Analisi delle temperature e incidenza intercooler
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