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San Martino, i ricordi di Betta. E’ stato l’ultimo ad aver corso sul Manghen (2002), la prova speciale che gli è rimasta nel cuore: “C’è tutto quello che serve per esaltare il talento di un pilota”
Se c’è ancora qualcuno che mastica di rally e non sa cos’è il Manghen, si fidi di Armando Betta, l’ultimo ad esserci passato. “Secondo me è una roba da mondiale – spiega il driver di Molina -. C’è tutto quello che serve per esaltare il talento di un pilota: strada stretta che si allarga e poi ritorna stretta, salita e discesa, curve e tornanti uno diverso dall’altro. Non lo dico perché si trova a due passi da casa mia, ma perché ho corso in tanti posti e una prova così non l’ho trovata da nessun’altra parte. E poi bisogna ricordare che lì si è formato un campione del calibro di Sandro Munari, mi sembra un argomento abbastanza convincente”. L’ultimo Manghen da gara risale al 2002, si correva per l’italiano assoluto, Betta aveva per le mani una Nissan Micra di Classe N1 e dietro di sé solo la “scopa”, cioè la vettura dell’organizzazione che transita per controllo dietro ai concorrenti : arrivò penultimo (46. assoluto) con a fianco la moglie Lia Bonelli, comunque soddisfatti del risultato. “Si trattò di un esperimento, sembrava che dovesse iniziare un trofeo, invece Nissan cambiò modello e non se ne fece nulla. La Micra era decisamente più pesante delle sue rivali, aveva una ventina di cavalli in meno, il cambio a lunghi rapporti e in salita non andava neanche a frustarla. Così era vietato per me toccare il freno, altrimenti il motore calava di giri e si piantava. Siamo arrivati su al passo prendendo dei rischi incredibili e il mio amico Roberto Pellè su Peugeot 106 mi aveva dato 45’’, ma poi in discesa ne abbiamo recuperati 23’’. Perciò posso dire che anche andando giù ho toccato poco i freni…”.
Dolci ricordi, emozioni impagabili, un’avventura sportiva che ti rimane sulla pelle. Betta a 56 anni compiuti voleva tornare a correre proprio adesso perché la San Martino Corse ha reinserito il Manghen nel menù del rally, per celebrare nel migliore dei modi l’edizione del trentennale. Invece una banale caduta gli ha procurato la lesione a un tendine d’Achille, addio sogni di gloria e nostalgia canaglia che assale senza preavviso appena si parla del rally: “Ci tenevo un sacco ad essere al via, sono stato vittima di un attacco di sfortuna, amen. Però sarò lì a bordo strada a fare il tifo per i miei giovani colleghi, sperando di avere in futuro un’altra occasione”.