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Quando Opel andava di…Corsa

PROLOGO

Dopo un periodo di pausa, piuttosto lungo devo ammettere, torniamo a parlare di marchi che hanno aggiunto un tassello alla storia di ciò che chiamiamo Rally. La casa di cui vorrei parlarvi è nata in Germania, in un periodo in cui non esisteva ancora la Radio e la Lavatrice. Nel 1862 nacque la Adam Opel KG, conosciuta oggi solo come Opel. Per anagrafica in quel periodo circolavano ancora solo delle carrozze trainate da due cavalli, infatti inizialmente l’azienda fondata dal Sig. Adam produceva macchine da cucire di cui il fondatore omonimo appena citato era grande appassionato. Il successo fu quasi immediato, ma diversi diverbi con concorrenti francesi lo portarono ad una situazione di stallo e combinati ad un incendio che distrusse il polo produttivo, la costruzione delle macchine da cucire cessò. Tuttavia, verso la fine del XXIX secolo – per l’esattezza nel 1886 – la Adam Opel KG iniziò con la produzione di biciclette la quale venne seguita dal figlio Carl. Il successo fu incredibile, al punto di riuscire ad aprire un distaccamento in Austria. Ma come ben sapete nel 1886 la tutt’ora Mercedes Benz, stava maneggiando con un motore a scoppio e una carrozza. Adam non era del tutto d’accordo sull’operato dei due connazionali. Nel 1889, poco tempo prima della morte di Adam, i figli del fondatore della casa di Rüsselsheim am Main acquistarono una Benz per vederne il funzionamento, ma pur essendo ancora acerbi per questo tipo di mercato contattarono il più esperto Friedrich Lutzmann il quel aveva fondato la piccola casa automobilistica Lutzmann. I fratelli Opel acquistarono l’azienda e assunsero proprio Luzmann come capo tecnico per lo studio di una nuova auto. Nel 1899 così nacque la prima auto marchiata Opel, ovvero la Patent-Motorwagen, che era a tutti gli effetti una carrozza con il motore. Con il tempo le tecnologie si sono sviluppate e i fratelli Opel hanno continuato l’operato del padre anche nel campo delle moto e nella produzione di motori per gli aerei della Prima Guerra Mondiale. Al giorno d’oggi Opel produce ancora vetture tecnologiche in concorrenza con altri marchi di prestigio e potere, ma dando uno sguardo a circa ormai quarant’anni fa iniziò una parentesi rallystica di tutto rispetto.

OPEL ASCONA

Partiamo, anche se non proprio in ordine cronologico con una delle prime più famose rally-car sfornate dalla casa tedesca. In effetti già dagli anni sessanta, quando il rally era ancora una cosa acerba, appena nata, erano già presenti due differenti vetture ovvero; la Opel Rekord e la Commodore. Quest’ultima ha avuto più successo in Australia (come Holden) e in Inghilterra (come Vauxhall) nelle gare su pista. Ma nel 1971 arrivo per le prove speciali del Campionato Mondiale Rally l’Ascona SR Gruppo 2. La berlina fu prodotta dal 1970 fino al 1988 con tre differenti restyling; ciò che ci interessa per la maggiore sono i primi due, i quali hanno dato frutto ad ottime soddisfazioni nei rally. Ma andiamo con ordine. La Ascona A

La A sta per indicare il primo modello prodotto, mentre le lettere successive sono i vari restyling. Questa peculiarità la troviamo anche negli altri modelli prodotti. Ancora oggi si usa questa nomenclatura. –

era equipaggiata con un motore 1.9L a quattro cilindri CIH (Cam In Head – Camme in testa) il quale inizialmente sprigionava una potenza di 160cv alle ruote posteriori. Con il tempo tuttavia la vettura è stata aggiornata e la cubatura del propulsore fu portata fino a 1960cc dai 1897cc originari. Anche la potenza ne risentì, aumentando di fatto fino a 205cv. Il propulsore 19S installato sull’Ascona A aveva un tipo di aspirazione a carburatore; anche in questo caso le varianti furono molteplici. Si partì da un semplice Solex 32mm, per passare ad un più grande 40mm ed infine per garantire la quantità di potenza menzionata prima furono installati due carburatori Weber 45mm. Come si può ben capire inizialmente era quasi proprio come la vettura stradale, ma con il tempo le modifiche apportate hanno differenziato bene le prestazioni della vettura, come il cambio a quattro rapporti poi successivamente sostituito con un più moderno e prestante ZF a cinque rapporti. Il reparto sospensivo non era dei più tecnologici ma poteva vantare di doppi bracci trasversali all’anteriore mentre al posteriore un più classico assale rigido con barra longitudinale. In entrambe le posizioni venivano montate molle elicoidali abbinate ad ammortizzatori telescopici a gas. Il tutto conferiva un peso alla vettura di 885kg che salirono poi fino a 950kg con le modifiche effettuate.

Il tempo passa come sappiamo tutti e Opel iniziò a sviluppare dopo pochi anni una nuova versione. L’Ascona B arrivò sul mercato nel 1975. La vettura fu omologata per i rally nel 1978, facente parte del Gruppo 2. Le soluzioni tecniche furono aggiornate, partendo sin dal propulsore. Fu equipaggiato un CIH 20E. Di fatto sulla carta è stretto parente con il 19S menzionato nel paragrafo precedente. Infatti, non è altro che un bore-up da 1897cc a 1979cc. Bisogna precisare che, come vedremo tra poco, più avanti nel tempo il vano motore ospiterà un i2000, il quale permetterà alla vettura di essere omologata Gruppo A. Inizialmente la potenza sviluppata fu di 160cv, i quali aumenteranno gradualmente fino a 185cv. La particolarità fu l’abbandono dei carburatori nel 20E lasciando spazio ad una iniezione Bosch L-Jetronic molto in voga al tempo, mentre l’i2000 mantenne una coppia di carburatori Solex da 45mm. Sia all’avantreno che al retrotreno il sistema sospensivo della vettura non fu pressoché toccato; infatti all’asse rigido posteriore fu aggiunto un braccio trasversale a quello già presente mentre le molle e gli ammortizzatori a gas furono mantenuti. Le grandi novità maturarono con l’avvento del Gruppo 4. Nel 1979 l’Ascona B fu battezzata per prendere parte al Campionato Mondiale Rally Gruppo 4 del 1980, ma non partì senza un bel lifting. Il motore fu estirpato, lasciando posto ad un nuovo 24E da 2.4L 

 Il motore era equipaggiato nella versione stradale, che fu denominata Ascona 400, proprio per l’avvenuta omologazione nel Gruppo 4. La potenza sprigionata dalla versione stradale era di 144cv.

con doppio albero in testa e cosa piuttosto insolita un’aspirazione formata da due carburatori Weber da 48mm. La vettura fu sviluppata in due fasi; la prima ebbe una potenza di 240cv per le stagioni 1980 – 1981. La seconda arrivò a 255cv per le stagioni 1982-1983 di cui arrivò anche l’omologazione Gruppo B. I tecnici lavorarono dall’interno: la coppia massima così come la potenza massima rimasero allo stesso numero di giri iniziale, ovvero rispettivamente 7000rpm e 5000rpm. Infatti furono ingrandite le valvole d’aspirazione e di scarico per ottenere i 15cv extra. Se all’avantreno la Gruppo 2 aveva due bracci trasversali identici, per la Gruppo 4 adottarono due differenti bracci abbinati ad ammortizzatori telescopici a gas Bilstein. L’asse rigido al posteriore rimase, ma i bracci longitudinali furono quattro, accoppiati ad una barra Panhard ed ai fedelissimi ammortizzatori telescopici a gas Bilstein. Il peso complessivo della vettura si aggirava tra i 1050kg e i 1100kg.

Walter Rohrl si mise al volante dell’Ascona Gruppo 2 già agli inizi degli anni ’70; Il pilota tedesco trovò però il successo massimo a bordo della Gruppo 4 con cui vinse nel 1982. Lo squadrone ufficiale era composto da nomi di tutto rispetto tra cui: Henri Toivonen, Ari Vatanen, Rauno Aaltonen e Jimmy Mcrae. Mentre in Italia con la squadra Conrero vedavamo un giovane Miki Biasion e Dario Cerrato.

OPEL KADETT

La Kadett fu la vettura più longeva della casa tedesca impegnata nei rally. Infatti il suo debutto è datato 1967 per poi vedere l’ultima evoluzione nel 1988. L’impegno da parte della casa tedesca nello sviluppo della vettura non è stato poco e come vedremo c’erano le prerogative per un ipotetico Gruppo B e S. Ovviamente come sapete la punta di diamante nel Gruppo B era la Manta 400, ma i tecnici stavano sviluppando una nuova vettura su base Kadett che poi però sfumò nel nulla grazie alla cancellazione della categoria e all’istituzione del Gruppo A.

Nel 1968 venne omologata per prendere parte al Campionato del Mondo Rally nel Gruppo 2. La Kadett B condivideva alcune parti con la sorella Ascona, di cui abbiamo parlato nella sezione precedente, partendo dal motore. Il propulsore era un 19S, ovvero un 1.9L che erogava la potenza di 90cv. Essendo un Gruppo 2, fu mantenuta la tecnica pressochè invariata rispetto al modello stradale. L’aspirazione era regolata da un piccolo carburatore Solex da 32mm mentre il reparto sospensioni era molto semplice. Si parla di un singolo braccio trasversale e ammortizzatori telescopici idraulici, mentre al posteriore vi troviamo un semplice asse rigido, completato da barra Panhard e ammortizzatori idraulici. Il peso era molto contenuto, nell’ordine degli 810/860kg, che rimasero invariati anche quando la vettura nel 1970 fu omologata per il Gruppo 4. Le modifiche apportate non furono molte: la potenza raggiunse i 160cv grazie alla sostituzione del carburatore esistente con un Weber da 40mm. I freni a disco anteriori furono ingranditi e i rapporti del cambio a quattro marce furono modificati. Ma la Kadett B ebbe ancora vita breve; infatti nel 1975 arrivò quella che viene denominata Kadett C, la diretta erede. Le omologazioni furono due: Gruppo 2 e 4, più una parentesi A/7. Il motore utilizzato fu sempre quello della famiglia dei CIH, ma venne impiegato il più nuovo e moderno 19E. Quest’ultimo si differenziava dal 19S per il sistema di alimentazione. Se prima i tecnici dovevano regolare i carburatori, ora non serviva più. La Kadett C erogava una potenza di 105cv nella versione Gruppo 2, per poi passare tra i 160 e 180cv in Gruppo 4.

I team ufficiali riuscirono a raggiungere una potenza di picco di oltre 210cv a 8200giri/min. Ma le soluzioni tecniche interne al gruppo termico non terminarono qui.

Le valvole raddoppiarono passando da due a quattro per cilindro, potendo così aumentare il rapporto di compressione e migliorare l’afflusso della miscela ai cilindri. Il cambio fu derivato dalla sorella “B”, infatti lo ZF S5 a cinque marce era solo una piccola miglioria del precedente. Tutto il comparto sospensivo fu mantenuto ed invariato; all’anteriore rimasero i doppi bracci trasversali, accoppiati ad ammortizzatori Bilstein a gas e barra antirollio. Al posteriore, sebbene meno tecnologica ma funzionale, una barra Panhard con ammortizzatori telescopici a gas Bilstein. Il peso a secco di 850kg contribuiva a prestazioni di tutto rispetto. Poco più avanti nel tempo arrivò un restyling per la Kadett, presentando nel 1978 la “C2”. All’esterno la vettura non si differenziava molto dalla Mark 1, ma il cuore pulsante fu sostituito di nuovo. Venne introdotto un 20EH. Già dall’acronimo è intuibile quale sia la sua cilindrata e peculiarità. Il 2.0L, per la precisione 1979cc, rientra sempre nella famiglia dei CIH, ma le differenze non sono radicali. Chiaramente la potenza erogata aumentò, fino ad avere a portata di pedale 235cv nella sua configurazione massima. Il resto della vettura tuttavia rimase invariato, lasciando inalterata qualsiasi configurazione tecnica presa in considerazione nella Mark 1.

Gli anni ’80 non si fecero attendere e Opel prese in mano la situazione facendo debuttare la Kadett D. Nel 1983 venne omologata una versione Gruppo A equipaggiata con un motore di derivazione GM da 1.8L. Nella testata troviamo un singolo albero a camme, abbinato a sole otto valvole. L’iniezione elettronica fu aggiornata, con una nuova versione della Bosch Jetronic. Ma la vera svolta fu la “E”. Presentata solo un anno dopo, nel 1984, l’omologazione al Gruppo A fu d’obbligo. Il motore venne aggiornato con un 18SE sempre di famiglia GM che erogava una potenza di 170cv ad un regime decisamente alto di 7200 giri/min. Dal punto di vista dell’alimentazione ormai i carburatori sono un ricordo lontano, lasciando spazio alla comune ed efficiente Bosch Jetronic. Dopo diversi anni la parte riguardante le sospensioni è stata aggiornata. E’ stato introdotto un sistema Macpherson, con braccio trasversale e ammortizzatori telescopici a gas. Le molle potevano essere intercambiate tra di loro, in base alla superficie di gara. Al posteriore oltre agli abituali ammortizzatori a gas, troviamo un singolo braccio trasversale abbinato ad una barra di torsione. La trasmissione era di tipo F16 e non più ZF, mantenendo comunque i cinque rapporti.

Come ben sapete a verso la metà degli anni ’80 spopolavano nel mondo dei rally le Gruppo B. Sebbene Opel avesse già all’attivo l’Ascona e la Manta, decise che era tempo di tentare con la Kadett E. Gli ingegneri iniziarono a lavorare al progetto nel 1984.

Fu denominato 4S, ovvero 4WD-Supercharged. I problemi furono molteplici durante la fase di costruzione e configurazione, partendo dalla scelta della posizione del propulsore. Inizialmente si era pensato di posizionarlo al centro, ma Goldstein – capo ingegnere del progetto – pensò che la vettura sarebbe divenuta troppo difficile da gestire anche da mani meno esperte. Così fece posizionare il motore all’anteriore, ma molto più arretrato del normale fino a ridosso della barriera antifiamma dell’abitacolo. In questo modo si rese possibile inserire la trazione a quattro ruote motrici senza sbilanciare troppo la vettura sull’anteriore. Le prestazioni furono un altro tasto dolente. Inizialmente fu equipaggiata con il motore della Manta B400, ovvero un 2.4L aspirato in configurazione stage 3. Tuttavia la potenza era troppo poca per competere con gli avversari di allora, così si optò per un compressore volumetrico ma riuscirono ad ottenere soltanto 325cv. Si cambiò approccio. Venne installato un turbocompressore facendo lievitare la potenza a 400cv. Tuttavia l’affidabilità era al limite, rendendo la vettura dubbiamente competitiva. Nel 1985 la vettura non era ancora pronta e il team era sotto pressione da parte di Opel stessa. Ciò portò gli ingegneri ad una soluzione drastica. Interpellarono il preparatore Zakspeed, che gli fornì un 1860cc turbocompresso da 500cv. Ma c’era un piccolo problema: il propulsore era Ford. Gli ingegneri alla presentazione cercarono di salvare la faccia ammettendo che era solo un prototipo e avrebbero trovato una soluzione tempo avanti. Il tempo non arrivò mai quando nel 1986 il Gruppo B fu abolito e anche il Gruppo S in programma fu cancellato. Così il progetto Kadett 4S finì. E’ stato comunque provato nella Dakar del 1986, per valutare anche il sistema Xtrac per le quattro ruote motrici.

Come si dice: si chiude una porta si apre un portone. I tecnici non demorsero e nel 1987 presentarono la Kadett E GSi Gruppo A. Inserirono un 20SEH sempre della famiglia GM, con una potenza di 190cv scaricati sulle ruote anteriori. L’aspirazione naturale, abbinata alle sole due valvole per cilindro non davano grandi prestazioni alla vettura. Tuttavia venne utilizzato un nuovo sistema d’iniezione elettronica Bosch Motronic.

Le sospensioni non ebbero una rivisitazione approfondita mantenendo il buon vecchio Macpherson con ammortizzatori a gas. I risultati non furono quelli sperati. L’anno successivo si cerco di migliorare il migliorabile; venne immesso il nuovo propulsore C20XE disegnato e progettato appositamente per le corse. La potenza era di 220cv a 7800 giri/min data anche salle quattro valvole per cilindro, il doppio albero a camme in testa – novità per casa Opel – e i condotti di aspirazione e scarico maggiorati. L’iniezione fu migliorata e aggiornata lavorando sull’esistente Bosch Motronic, partorendone una versione 2.5. Strutturalmente vennero migliorati i freni sfruttando al massimo lo spazio a disposizione, con dischi da 320mm e 295mm al posteriore. Sorprendentemente le sospensioni rimasero invariate.

La Kadett concluse così la sua era, rimanendo in auge fino ad inizio anni ’90 quando venne introdotta l’Astra per sostituirla.

OPEL MANTA

L’abbiamo menzionata in precedenza, parlando della Kadett 4S. La Manta è nata come coupè negli anni ’70 dalla casa di Russelsheim. La sua fama è soprattutto dovuta al modello “B”, con cui Opel ha partecipato nel Campionato Mondiale Rally dal 1983 sia nel Gruppo B sia nel Gruppo A. In quest’ultima configurazione la vettura era equipaggiata con 1,9L (CIH 19E) da 185cv per poi solo dopo un anno essere sostituito con un 2.0L (CIH 20E) tuttavia dalla stessa potenza. Iniezione Bosch L-Jetronic in comune ai due motori così come il singolo albero a camme in testa e le due valvole per cilindro. La compartimentazione sospensiva era dotata di un sistema più semplice all’anteriore in quanto la trazione della Manta era situata al posteriore. Ad aiutare la presa sul terreno perciò ci pensava un assale rigido, composto da due bracci inferiori e due superiori finendo con una barra trasversale. All’avantreno invece vediamo solo doppi bracci trasversali composti da ammortizzatori a gas duplicati anche al posteriore.

La svolta principale arrivò con la Gruppo B. Venne costruita la Manta 400. La coupè si era incattivita dovendo competere con rivali agguerriti. Il motore era un 24E CIH stage 3. Pochi fronzoli e 275cv scaricati sulle ruote posteriori. Il 2.4L era dotato di una testata fornita dalla Cosworth in alluminio, che copriva due alberi a camme e sedici valvole complessive. L’aspirazione inizialmente era dotata di due carburatori Weber da 50mm, solo successivamente venne utilizzata l’iniezione elettronica. All’anteriore le sospensioni vennero mantenute le stesse utilizzate sulla Gruppo A mentre al posteriore avvennero nuove migliorie. Venne aggiunto un braccio longitudinale per un totale di cinque, una barra Panhard e gli ammortizzatori a gas vennero sostituiti con più grandi a corsa lunga Bilstein. Getrag era il cambio selezionato per la Manta 400 a cinque rapporti, accoppiato ad un differenziale a slittamento limitato. Non molti sapranno anche dell’esistenza di una Manta 400 4WD. Ebbene Tony Fall, decise di contattare la FFD (FF Developments) per disegnare e progettare un sistema a trazione su tutte e quattro le ruote. Il progetto prevedeva una rapportatura 36/64 della coppia motrice, rilasciata dal propulsore 24E. Quest’ultimo venne lasciato in configurazione stage 2, il quale rilasciava “solo” 240cv uniti al peso extra, la vettura non risultava così veloce. Dopo diversi test, prove e sistemazioni il progetto fu abbandonato ma si vocifera che un prototipo sia stato venduto prima della sua cancellazione, in livrea Rothmans.

La vettura era pilotata nel team ufficiale da Ari Vatanen, Henri Toivonen, Jimmy McRae e Guy Frequelin. In Italia invece il team Conrero schierava Dario Cerrato e Lucky Battistolli.

OPEL CALIBRA

Non ve lo aspettavate vero? E invece ci fu anche una parentesi rallystica per la Calibra, mentre spopolava nel DTM dove ebbe un ottimo successo, soprattutto a livello di vendite. Venne omologata nel 1991 come Gruppo A ed era equipaggiata con il C20XE della famiglia GM. I 1998cc della casa di Detroit sprigionavano 225cv sulle ruote anteriori. Sedici erano le valvole con doppio albero a camme in testa. L’iniezione elettronica gestita dalla Bosch Motronic era abbinata ad un sistema di accensione a candela doppia. Il sistema Macpherson venne utilizzato per la parte sospensiva anteriore, accoppiato ad ammortizzatori a gas così come al posteriore, dove venne accantonato il Macpherson per due bracci trasversali e assale rigido. Nel gennaio 1993 venne lanciata una versione 4×4. Di fatto rientrava nel Gruppo A/8, equipaggiata con l’evoluzione del C20LE, ovvero il C20LET. Facile intuire la natura dell’acronimo: per incrementare la potenza a 280cv venne impiegato un turbocompressore KKK K16 da 55,2mm. Il rimanente della struttura del motore rimase prossochè invariata. Solo nella parte del cambio ci furono aggiornamenti: venne introdotto un cambio sequenziale a sei rapporti. Tutto il sistema sospensivo rimase lo stesso.

La Calibra 4×4 venne usata da Stig Blomqvist nel Rally di Svezia nel 1993, mentre la 2WD venne portata in gara da Bruno Thiry un anno prima.

OPEL ASTRA

La Kadett ha rappresentato una parentesi molto lunga nella storia di Opel e forse quella che ha portato in maggior risalto il marchio. Tuttavia dopo oltre quindici anni di duro servizio, ad inizio anni ’90 venne introdotta la sua diretta erede. L’Astra. Come nel caso della Calibra, la segmento C ebbe più futuro nel campionato DTM piuttosto che nei rally. In quel periodo il potere General Motors era ben radicato e le scelte non erano più ponderate dalla casa tedesca. Tuttavia nel 1992 venne omologata l’Opel Astra Gsi Gruppo A. In realtà non si distaccava molto dalla sua antecedente, infatti il motore utilizzato era ancora il C20XE, da 2,0L e 230cv. Tutta la parte meccanica interna rimase invariata, come il doppio albero a camme in testa e le quattro valvole per cilindro. Perfino il sistema d’aspirazione rimase lo stesso, con il Bosch Motronic mentre le sospensioni hanno avuto solo un piccolo aggiornamento degli ammortizzatori a gas. Verso la fine del decennio come sapete venne istituito il campionato per le Kit Car. Nel 1998 Opel presentò la Opel Astra G Kit Car. Il successo non fu quello sperato, lasciando presto il progetto dopo solo un anno. Non abbiamo molte informazioni riguardanti questo modello.

OPEL CORSA

La strategia di Opel era quella di attaccare la classifica su più fronti impegnando i propri modelli ovunque si potesse. Così a inizio anni ’80 venne omologata la prima Opel Corsa. La Corsa “A” ha una storia interessante. Infatti non fu preparata per competere nella massima espressione di classifica, ma bensì nella classifica riservata alle motorizzazioni più piccole. Fu proposto un modello denominato Sprint; solo 200 esemplari prodotti per poter accedere al Gruppo B. Il motore da 1.3L fu rivisto da Irmscher, una compagnia di elaborazioni. Il 13S fu portato a 126cv, grazie anche all’adozione di un carburatore doppio corpo Weber, pistoni forgiati e un interno sistema di scarico completamente nuovo. Gli 800kg gli permettevano di raggiungere i 100km/h in 8.2 secondi. Seppur Opel avesse preparato il tutto, il progetto si arenò ancora prima di partire per lo scarso interesse riscosso da parte delle squadre private. Tuttavia la presentazione al Salone di Francoforte ebbe un grosso impatto sui proprietari; numerosi furono gli ordini del body-kit Irmsher, che divenne un optional per la vettura di serie nel 1985. Nello stesso periodo Opel produsse la Corsa Sport, con cui coprì il versante Gruppo A per piccole cilindrate. Anche qui tuttavia il successo non fu proprio quello sperato. Con gli anni ’90 arrivò anche la seconda generazione, preparandola per il Gruppo A con le piattaforme GM. Stranamente non fu utilizzata come base per Kit-Car, ma venne presentata nel 2002 la versione S1600 della neonata “C”. Le specifiche erano di tutto rispetto: 220cv sulle ruote anteriori, 1030kg di peso e cambio sequenziale a sei rapporti. Sette anni più tardi venne proposta la versione “D” S2000. Mentre più recentemente, esattamente nel 2017, venne presentata la versione R5.

Nella storia Opel possiamo inserire anche la Adam R2 nel più recente passato.