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Il RallyLegend 2017 verrà ricordato da tutti per l’incredibile parata che ha visto protagonisti tantissimi campioni del passato: un “parterre de roi” di prim’ordine da fare impallidire qualsiasi appassionato del nostro sport.
Non basta però riunire tanti nomi di prestigio per cancellare dalla mente dei tifosi e amanti dei rally quanto purtroppo avvenuto nella tragica edizione 2016. Un brutto incidente che ha portato via Enrico Anselmino e che in un certo senso ha creato, loro malgrado, altre due vittime: Enrico Bonaso e Alice Palazzi, sfortunati protagonisti dell’uscita di strada che ha portato alla morte dell’appassionato astigiano e al ferimento di alcuni spettatori.
Omicido colposo e lesioni colpose sono le accuse imputate al 42enne pilota padovano, mentre la navigatrice Alice Palazzi non è stata iscritta tra gli indagati.
IN UN LAMPO LA TRAGEDIA – La Renault Clio Maxi numero 44 scivola sull’asfalto reso ancora più insidioso dalla pioggia, il pilota decide di imboccare la via di fuga per limitare i danni ma si trova davanti un muro di gente, travolgendoli e finendo la propria corsa contro un trattore. Una situazione già drammatica di per sè che diventa ancora più grottesca quando con ingiustificata fretta viene addossata tutta la colpa all’equipaggio, anche da plurititolati Campioni del Mondo e da persone che di questo sport dovrebbero essere esperte.
C’è una sola domanda che fa breccia nella testa di tutti, soprattutto per i protagonisti di questa triste vicenda: perchè quella maledetta via di fuga non era libera?
ASCOLTATI I TESTIMONI NON INDAGATI – Secondo quanto riportato dal Mattino di Padova, in questi giorni sono stati ascoltati cinque commissari di percorso presenti prima e dopo il luogo dell’incidente, provenienti da Frosinone. I testimoni hanno confermato che nella curva maledetta sono state invertite le bandelle di colore verde (zone riservate al pubblico) con quelle di colore rosso (zone vietate al pubblico). Inoltre la Direzione di gara non ha fornito a nessuno di loro il relativo piano di sicurezza, per cui risultava impossibile controllare se la bandellatura, eseguita dall’organizzazione 1 ora e mezza prima del loro arrivo, fosse corretta o meno.
Una versione dei fatti che, a questo punto, coinciderebbe con il pensiero espresso da Bonaso già nelle ore immediatamente successive alla tragedia riabilitando lo sfortunato pilota da subito etichettato come carnefice. Su quella via di fuga non dovevano esserci delle persone.
Soddisfatto nel complesso anche l’avvocato Carlo Covi, difensore del pilota, che abbiamo sentito telefonicamente. “La legislazione di San Marino è diversa da quella italiana. Prima dello svolgersi del processo avviene l’audizione di tutti i testimoni in contraddittorio alla presenza di pubblica accusa e difesa. La situazione ha avuto una lunga fase di stallo, in quanto le indagini preliminari sono durate quasi un anno e mezzo e l’intera vicenda è stata secretata dall’autorità giudiziaria, per cui tenuta ferma senza ulteriori sviluppi“.
“Oltre a Bonaso risultano inoltre indagati i commissari di percorso della curva, gli apripista e il responsabile degli apripista. Non figurano invece il direttore di gara e l’organizzatore, una cosa abbastanza strana in quanto potrebbero essere responsabili al pari degli altri indagati“.
“Anselmino ed i feriti si trovavano all’esterno di una curva ma in una zona bandellata dagli organizzatori di verde. Nonostante sia a discrezione della persona stessa valutare i rischi del proprio posizionamento, tutti loro erano convinti di trovarsi in una zona consentita“.
“Sarà ora il giudice a dover valutare i fatti, ma al momento siamo moderatamente soddisfatti. Mi auguro che le accuse nei confronti di Enrico Bonaso vengano riviste“.
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