Prologo
Dopo gli ultimi avvenimenti, che hanno scosso il mondiale rally, lasciando nel dubbio le sorti di alcuni piloti, è doveroso lasciare un piccolo tributo a Volkswagen. La sua storia nei rally non è molto longeva e tantomeno conosciuta. Tuttavia ha deciso, negli anni passati, le sorti di grandi piloti che hanno sbancato nel Campionato Internazionale Costruttori e dopo in quello Mondiale Rally Piloti. Le vetture per quanto facessero parte di annate in cui la tecnologia sulle auto era solo che agli inizi, i tedeschi si sono imposti con soluzioni innovative, così come fece Lancia e Renault, poi successivamente Ford, Subaru, Mitsubishi e così via. Sicuramente non saremo qui a parlare di ciò che ha scatenato questo abbandono improvviso, ma ci limiteremo soltanto a ricordare tempi passati in cui questo potente marchio si intraversava per le prove speciali.
Kafer 1300s
Kefer. Il nome originario. Tuttavia lo conosciamo come Maggiolino. Ma…
…anche come Coccinelle, Escarabajo, Bug, Fusca o Vocho. Infatti in molte nazioni aveva nomi diversi, quasi come soprannomi.
Nel 1938 Ferdinand Porsche presenta ciò che rimarrà nell’immaginario collettivo, una vettura semplice ma che farà la storia: il Kafer. Il motore era un quattro cilindri boxer (che sarà poi la base di moltissimi altri modelli VW) di 1.2L inizialmente, che poi, con lo sviluppo della vettura diventarono dapprima 1.3L e successivamente 1.6L con i modelli più recenti. In quegli anni fu rivoluzionaria l’introduzione della distribuzione delle valvole in testa, non più come consuetudine inserirle lateralmente. I cavalli erano inizialmente 34, poi lievitarono fino a circa una cinquantina con i modelli più lussuosi. L’alimentazione era regolata da un carburatore singolo Solex da 28 millimetri, che poi naturalmente, crebbe di dimensione con le cilindrate maggiori. Quattro furono i rapporti inseriti nel cambio, non tutti sincronizzati; infatti solo dalla metà degli anni sessanta tutti i rapporti furono sincronizzati. Il sistema sospensivo era a ruote indipendenti con barra di torsione al retrotreno così come all’avantreno. Tuttavia nel 1970, all’anteriore, venne introdotto lo schema MacPherson. I freni, per arrestare gli 845 chilogrammi della vettura, erano a tamburo con comando meccanico (poi sostituito con uno idraulico e pinze con dischi all’anteriore).
Sul 1.6L (solo per i modelli destinati al Sud America) venne installato al posto del carburatore, un sistema di iniezione elettronica singlepoint.
La storia di questa vettura è interessante, non solo per la sua lunghissima produzione, ma per le migliorie riportate anno dopo anno, con aggiornamenti assolutamente all’avanguardia. Al volante di questa “bizzarra” auto da rally troviamo Bjorn Waldegaard, che utilizzò nell’intervallo della sua carriera tra Porsche e Lancia.La 1302 S, che al contrario di quanto di possa pensare, monta un 1.6L, è la versione considerata di “lusso” costruita intorno al 1970. La menzione a questo particolare modello non è a caso; infatti venne utilizzato nei rally. Il motore boxer erogava solo 50 cavalli (naturalmente aumentati leggermente per la versione rally).
1600 TL/ Fastback
Inizio la presentazione di quest’auto, dicendo che effettivamente non è una di quelle vetture che ha lasciato il segno. Tuttavia, credo sia necessario dedicarle un piccolo spazio nell’articolo, dato che in qualche modo ha contribuito, come un piccolo pezzo di puzzle, a portare la casa di Wolfsburg fino alla massima espressione dei rally e, inoltre, ha avuto un ruolo importante nella storia di un pilota che vedremo più avanti. Il Maggiolino era in piena attività, tuttavia serviva una vettura più grande, adatta anche alle famiglie. Nacque così, nel 1961, la 1500. Il motore era sempre un boxer, quattro cilindri, da 1.5L (da qui il nome della vettura). I cavalli erano 44, poi aumentati a 55 con la versione 1600 TL. Il sistema di alimentazione adottato era a carburatore, tuttavia non più singolo ma a doppio corpo. Anche se non può sembrare condivideva alcune parti con il Maggiolino: il sistema di sospensioni, ad esempio, era a barra di torsione con ammortizzatori indipendenti e barra antirollio. I freni a disco all’anteriore e a tamburo al posteriore garantivano di arrestare la vettura in spazi ragguardevoli.
Questa vettura non ebbe una vera e propria elaborazione. Ma tuttavia fu la prima vettura da rally presa in mano dallo svedese Bjorn Waldegaard nel 1962.
Purtroppo altri dati riguardanti la vettura e aneddoti non sono semplici da recuperare.
MK1 Golf GTI 1600/1800
Il tempo passava e molte case automobilistiche stavano rivedendo i propri modelli di punta con l’avvenire degli anni ’80, che dettarono legge su canoni stilistici e meccanici. Meccanici e tecnici di Wolfsburg presero spunto dalla Fiat 128 per realizzare la loro prima Golf. Tuttavia la matita era in mano ad un italiano; Giorgetto Giugiaro diede vita alle linee spigolose e ai fari tondi della genesi Golf. Le motorizzazioni e le varianti per quest’auto sono numerosissime, infatti ci soffermeremo soltanto sulla versione più prestazionale, nonché quella che permise alla Volkswagen di entrare nei Rally in maniera ufficiale.
Nel 1976 venne lanciata la prima GTI. Il motore era un discreto 1.6L da quattro cilindri in linea, derivato dall’Audi 80, che erogava la generosa potenza di 110 cavalli sulle ruote posteriori. Solo nel 1982 venne introdotta la versione 1.8L, ( che durò solo un anno, dato che poi arrivò la MK2) con un incremento di potenza e coppia; 112 i cavalli erogati e la coppia una manciata di Nm in più (157 totali). Lo schema sospensivo mantiene il classico MacPherson all’anteriore ma con braccio a terra negativo, mentre al posteriore abbiamo bracci interconnessi longitudinali, che diedero la possibilità di risparmiare spazio non pregiudicando la tenuta di strada. Tuttavia le versioni da rally ebbero migliori sotto questi aspetti, che vedremo più avanti. Infatti è opportuno descrivere come la prima Golf sia entrata nei rally, con una storia leggermente fuori dall’ordinario. Al tempo l’iniezione elettronica era una innovazione che stavano utilizzando molti produttori di auto, a discapito dei carburatori soprattutto nelle corse. Pierburg era un noto produttore di carburatori, che visti i tempi, non perse tempo nello sviluppo di sistemi di iniezioni. Tuttavia necessitava di una vettura, che si prestasse bene alle elaborazione e che allo stesso tempo facesse da manifesto. Trovò ciò che gli serviva nella GTI.
Alla guida, nel Gruppo 2, spicca il nome dello svedese Per Eklund che terminò in quinta posizione la tappa del Mondiale Rally a Monte Carlo.Infatti nel 1980, al Rally di Monte Carlo si presentò con una Mk1 ufficiale pronta per correre. Il nome dell’iniezione usata nel 1.6L era Pierburg CS Racing Injection; con una dovuta lavorazione sulla testa ed il rapporto di compressione, usando una distribuzione a singolo albero a camme in testa, la potenza era di 185 cavalli. Sempre sulle ruote anteriori. Il sistema sospensivo come descritto prima, era di tipo MacPherson, tuttavia vennero inseriti ammortizzatori a gas con molle elicoidali abbinati a barre antirollio sia nel retrotreno che all’avantreno. Il peso e le dimensioni ridotte facevano si che la Golf fosse piuttosto agile.
Bisogna precisare che la Golf GTI era presente nei rally già tre anni prima, nel 1977, con un team privato e al volante troviamo anche Anders Erikksson
Alla guida, nel Gruppo 2, spicca il nome dello svedese Per Eklund che terminò in quinta posizione la tappa del Mondiale Rally a Monte Carlo.
MK2 Golf GTI
Quasi alla metà degli anni ’80 la prima serie della Golf iniziava a sentire i segni riportati dal tempo sulla sua carrozzeria; serviva qualcosa di nuovo, ma che continuasse a mantenere lo stesso spirito di auto compatta, semplice ma anche veloce. La casa di Wolfsburg non si fece pregare e nel 1983 uscì la seconda serie dell’Hatch Back tedesca. I motori sono tanti, come nella versione precedente, ma con diverse migliorie atte ad aumentare l’affidabilità e le prestazioni. Si spaziava da un piccolo 1.0L fino al 2.0 16v degli ultimi anni di produzione. Probabilmente è la Volkswagen più vicina alla Polo WRC odierna; non meccanicamente, dato che in tempi più recenti abbiamo la Polo S1600 di inizi anni ’00, ma come spirito agonistico. Una vettura che nonostante le mancasse una ruota o il fango avesse otturato il filtro dell’aria, riusciva a portare fino al traguardo i suoi condottieri.
Ma ritorniamo al passato, spiegando come questa vettura sia entrata nel mondo dei rally e, soprattutto, abbia iniziato la sua scalata verso la popolarità.
Inizialmente usarono l’1.8L 8v, come base di partenza. In quanto la 16v non sarebbe stata pronta in tempo per essere omologata.
Lo stesso anno del debutto, uscì la versione GTI. Montava lo stesso 1.8L dell’antenata, con due valvole per cilindro, producendo la potenza di 112 cavalli. Tre anni dopo tuttavia venne rivisto il motore e importanti novità bollivano in pentola; Vennero aggiunte altre due valvole per cilindro, così da avere un totale di 12 valvole. La potenza aumentò fino a 139 cavalli, tutti sulle ruote anteriori. Quest’ultimi dotati di freni a disco ventilati, così come al posteriore (non ventilati). Lo schema sospensivo è simile alla sua sorella minore, con sistema MacPherson all’anteriore e molle elicoidali con barra di torsione al posteriore. Il peso era relativamente ridotto: 1035 chili.
Per la fine del 1986, il Gruppo B era destinato a scomparire, lasciando spazio solo al Gruppo A. Gli ingegneri Volkswagen presero la palla al balzo per lanciare anche questa generazione nei rally. Erano dotati già di un pilota svedese: Kenneth Erikkson.
Perciò lavorarono in fretta e furia sulla vettura, preparando una versione Gruppo A che sviluppava 191 cavalli. La vettura si rese competitiva e incredibilmente robusta sin da subito, collezionando ottimi risultati nella categoria 2 ruote motrici.
Gli altri team contavano circa un centinaio di persone al lavoro nel team. I Volkswagen erano soltanto 15!
Nella seconda metà dell’anno venne trapiantato il motore. Infatti venne inserito come base il 1.8L 16v della nuova GTI. Opportunamente elaborato, sviluppò circa 211 cavalli. Vennero applicati numerosi rinforzi per mantenere robusta la scocca. Nel 1987 Erikkson, con il suo navigatore Diekmann, portarono a casa il titolo mondiale Gruppo A –Due Ruote Motrici.
Grazie a questi risultati Volkswagen lanciò una versione speciale; la Rallye.
Il 1.8L era diverso da quello della classica GTI. Infatti la serie del motore è denominata G60. La potenza è di 160 cavalli, con un picco di coppia di 225 Nm.
Le valvole tornarono otto, ma fu inserito un turbocompressore.
La trazione fu modificata, inserendo quella integrale. Perciò fu modificata la carreggiata (leggermente più ampia) e cambiati i passaruota. Inoltre si può identificare per il frontale leggermente diverso, con i fari squadrati e singoli.
MK3/MK4 Golf GTI Kit Car
Con l’avvento delle Kit Car nel 1997, e parallelamente con la nascita del WRC, Volkswagen decise di mettersi in gioco, nuovamente, come con la vecchia Mk2. Utilizzarono come base la GTI MK3, anche se dall’anno successivo sarebbe stata soppiantata dalla sua sorella maggiore, la MK4. Il 2.0L 16v montato era derivato dalla versione stradale, ma fu prontamente rivisto per poter garantire competività nel campionato. La lavorazione della testa, l’aumento del rapporto di compressione e altri meticolosi lavori, fecero lievitare la potenza fino a 285 cavalli ad un regime di giri piuttosto alto: 8250 giri/minuto.
I motori “sbraitanti” erano una prerogativa delle vetture Kit. Dal sound inconfondibile dei piccoli motori aspirati.
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L’iniezione era elettronica Bosch Motronic, ma non fu l’unica miglioria. Il reparto sospensioni fu riguardato: classico MacPherson all’anteriore abbinato a barra antirollio. Al posteriore, invece, bracci longitudinali semi indipendenti con barra di torsione e antirollio. Il peso della vettura rimase contenuto, naturalmente oscillava in base alla configurazione scelta, ma si aggirava tra i 970 e 1000 chili.
I freni della GTI originale vennero letteralmente trapiantati, con più potenti dischi auto ventilati e pinze da sei pistoncini (all’anteriore) e quattro al posteriore.
Alcuni risultati furono ottenuti grazie alle abilità di guida di Alister Mcrae; Si riporta, ad esempio, due primi posti di classe nel 1998 nel rally di Finlandia e Austria.
L’anno successivo la casa di Wolfsburg non si fece attendere, e con la GTI MK4 fresca di fabbrica crearono una nuova Kit Car.
In così poco tempo riuscirono a sviluppare un’auto che sotto certi aspetti era completamente nuova; il motore 2.0L rimase lo stesso della vettura precedente ma le valvole per cilindro divennero cinque. Sempre due alberi a camme in testa, ma il sistema di iniezione Bosch fu rivisto: venne inserito un sistema multipoint MS 2.8. Incredibilmente la potenza non salì, ma bensì diminuì; si passa dai 285 della versione precedente ai 270 attuali. Il regime di giri tuttavia rimase invariato. Aspetti nuovi da sottolineare ne troviamo anche nelle sospensioni, dove lo sche MacPherson viene dotato di ammortizzatori telescopici a gas e barra antirollio più spessa. Inoltre, le sospensioni, erano montate in in sottotelaio differente. Al posteriore rimasero come il modello precedente, solo con l’aggiunta di ammortizzatori a gas con molle elicoidali.
I freni ebbero una maggiorazione all’anteriore per la versione da asfalto, con pinze da otto pistoncini.Per questa vettura si impegnò il team ufficiale Volkswagen UK, per far correre l’inglese Mark Higgins nella stagione 1999. La vettura rimarrà omologata fino a dicembre 2006.
Polo S1600
Arriviamo fino agli inizi degli anni 2000. Precisamente nel 2003. La 3^ versione della piccola di casa VW era appena sbarcata; la Polo MK3 si prestava molto bene per il nuovo campionato S1600. La vettura da rally aveva ben poco in comune con la sua diretta versione stradale; infatti il motore 1.6L 16v, con due alberi a camme in testa sviluppava la potenza di 232 cavalli a 8750 giri al minuto. L’alimentazione era una versione rivista del Multitronic Bosch: MS 3.1. Il sistema sospensivo era lo stesso utilizzato sulla Golf MK4 Kit Car. Il cambio tutta via era sequenziale a sei marce (Ricardo), diverso rispetto alla Golf. Il peso era di 1000 chili, all’anno di omologazione. I piloti impiegati nell’utilizzo di questa vettura furono: Kosti Katajamaki, navigato da Miikka Anttila e da Oscar Svedlund. Era una piccola vettura che se la cavava egregiamente, ma purtroppo non ha mai preso piede abbastanza.
Polo S2000
Ormai è consuetudine che VW, in questi anni metta lo zampino non appena arrivano nuove categorie. Infatti con l’arrivo delle S2000, i tedeschi schierarono una Polo facelift così come gli italiani schierarono la Punto. Motore anteriore da 2.0L, trazione anche e due alberi a camme in testa. Questa era la miscela pronta su cui lavorare. La testa venne lavorata, rendendola più leggera: in realtà il motore era lo stesso della Golf, infatti la potenza erogata era di 265 cavalli, regolata da un sistema di iniezione elettronica. La trazione tuttavia era su tutte e quattro le ruote, pertanto vennero installati altri due differenziali regolabili per il trasferimento della coppia. Il sistema di sospensioni era semi-nuovo. All’anteriore rimase il MacPherson, mentre al posteriore venne rimossa la barra di torsione e portato un MacPherson con barra antirollio. Le notizie riguardo a questa vettura sono poche e anche quelle riguardanti ai risultati dei piloti non sono attendibili. Tuttavia, riportiamo l’utilizzo della vettura da Marius Swart nel 2009. Sicuramente ricorderemo la Polo WRC così come abbiamo ricordato con nostalgia le classiche VW approdate nel mondo dei rally. E’ stata una doccia fredda per tutti questa notizia dell’abbandono nel mondiale WRC, ma avrà un posto nella pergamena storica di questo marchio.
Naturalmente auguro il meglio al pluricampione Sebastièn Ogier, Jari-Matti Latvala e Andreas Mikkelsen, sperando trovino una nuova “casa” a breve, e ciò renderà ancor di più l’inizio del Mondiale 2017 più interessante.