Si riparte da dove ci eravamo lasciati a inizio 2014, raccontando -fra le polemiche- il termine di una Dakar controversa, vinta poi da Andrey Karginov con un irrisorio vantaggio su Gerard de Rooy, ma solo a seguito di un intervento dei commissari, che effettuarono una correzione non del tutto limpida al tempo finale. In molti si chiesero perché il russo, conscio dei pochi minuti che aveva nel taschino, prestò soccorso ad una vettura, nonostante il tracciato fosse ampiamento percorribile. Non possiamo tuttavia dichiarare l’esito di quelle gara falsato: Karginov nell’ultima settimana attaccò con un coraggio puro, distillato. E quel duello con De Rooy lo vinse, benché nelle prime giornate avesse subito distacchi importanti.

C’è poco da fare, Karginov è l’uomo su cui lo Tsar Chagin e tutto il team Kamaz punta. E’ la persona adatta, ha il giusto senso del rischio e dell’azzardo. E’ piaciuta proprio a tutti quella vittoria fatta con le proprie mani, pragmatismo e perentorietà. E nient’altro: Kamaz è soprattutto questo negli annali del rally raid.
Nikolaev, fra i più giovani di una categoria di ultra trentenni, una Dakar l’ha già vinta, ma non ha ancora impressionato. Non ha ancora la velocità grezza che è parte dell’essenza della guida dei camion; si è dimostrato in alcune occasioni troppo prudente, ma sicuramente sarà il luogotenente di Karginov e proverà a superare il maestro. Ma di prove il giovane russo ne ha vinte davvero poche. Invidiabile, nonostante tutto, la sua storia, da meccanico del pluricampione Chagin a vincitore in pochi anni. Dalla sua, avrà il fatto di essere il più preparato nella manutenzione del mezzo, che sarà fondamentale quest’anno. In vista della tappa marathon, che non risparmierà nessuno.

L’aspetto tecnico, però, si fa ancora più interessante. Ed è il motivo per cui Renault entra nella categoria con il sempreverde Van den Brink e con lo scudiero De Baar; il team è rigorosamente olandese, mentre la fornitura di componenti meccanici ed elettronici è già pienamente compatibile con le correzioni regolamentari apportate dalla FIA.
Queste ultime consistono in una riduzione importante delle emissioni, che ha comportato l’omologazione di nuovi “pezzi”, oltre che il divieto, in ottica 2016, di installare motori con cilindrata superiore a 16,5 litri. Se Iveco, Tatra e MAN sono in regola da sempre, poiché l’impiego di motori delle suddette case è soprattutto rivolto alla platea commerciale, maggiori sono state le difficoltà di Kamaz, che fino allo scorso anno equipaggiava ben due camion iscritti con uno Yaroslav 17.2 litri, addirittura pensato per l’esercito sovietico nei lontani anni 70’. Adesso, rivolgendosi a Liebherr, i russi andranno a “mettersi in regola” con una creatura più uniforme –più consona, se vogliamo- un 12.5 litri, a quello dell’occidente europeo. Certamente il vero cavallo di battaglia resterà la solidità e l’affidabilità di cui godono questi camion, che comunque vantano una meccanica raffinata; a tal proposito il Tatra “Queen 69” del figlio d’arte Alex Loprais non prenderà parte alla Dakar, poiché la FIA ha rigettato le recenti omologazione di quel mezzo. Era necessario riprogettarne il telaio in tre mesi. E quel King Frame, il celebre schema di sospensioni posteriori efficacissimo sulla sabbia, reso indipendente da un sistema di tubolari che protegge tutta la trasmissione, è forse la più grande perdita di un “truck” che faceva della atipicità la propria forza, incluso il musone, concetto poi ripreso ed estremizzato da Iveco per abbassare il centro di gravità.

Non tutti i mali vengono per nuocere, però. MAN ha accolto “a braccia aperte” Loprais, che parteciperà alla Dakar con il team olandese VEKA. L’appoggio di un pilota come Van Vliet, noto per essere l’exploiter di turno, sarà fondamentale. E’ un pilota pungente, pulito nella guida, che sbaglia poco, mentre Loprais ne è la figura speculare, è uno di quelli che non si tira mai indietro. Il ceco è un pilota che non punta solo alla gloria fugace, di tappa. Da troppi anni cerca di replicare il mito di Karel, ma spesso il mancato appoggio di un secondo camion, di una valida assistenza, ha implicato ritardi incompatibili con le necessità di un top driver, comportando addirittura dei ritiri, in una categoria in cui l’elastico dei distacchi è molto “flessibile”, molto più che nelle altre. Il Man non è la sua “creatura”. Loprais cura ogni anno in modo maniacale i suoi mezzi nonché la loro preparazione; inevitabilmente il passaggio da un marchio all’altro è molto sentito, molto più nei camion che altrove: le specifiche tecniche di serie sono molto diverse fra loro, dall’Iveco a Kamaz, passando proprio per MAN e Tatra.

Il duello, insomma, non è che si fa molto più succoso rispetto al passato. Ma ci sono quelle variazioni, piccole, apparentemente formali, minuscole, che contano. Eccome se contano. E poi un nemico serve sempre. Un exploiter pure. Basta questo per creare la giusta dose di spettacolo. A partire dalle due punte di Iveco, che sostituisce il Trakker di Stacey, vincitore 2007, con il più competitivo PowerStar, affiancando con il giusto mezzo De Rooy. Ci saranno poi le ombre, “gli angeli custodi”, Vila e Adua a salvaguardare la Dakar della coppia di testa. Aspirando magari alla Top Ten, come l’italiano Bellina che ritorna in Sudamerica su Ginaf, con qualche ambizione nel cassetto.

Le vicende dell’ultimo decennio e mezzo le conosciamo ormai troppo bene. Impossibile dimenticare il fil rouge di una serie di Dakar firmate prima da team, che da piloti. Certo, i condottieri servono, eccome. Ma nell’economia di un rally raid sui camion non basta il talento. E neppure mettere alla frusta un mezzo. Non è il mondo degli “skipper” e per vincere serve una squadra compatta, capace di fare rinunce. Dopo un po’ di frastuono nelle prime tappe, ritornerà il solito blocco contro blocco. Polo contro polo. E sarà ancora Kamaz-Iveco.

Copyright © Rally.it: puoi ripubblicare i contenuti di questo articolo solo parzialmente e solo inserendo un link al post originale.