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Ormai lo scontro muscolare fra Mini e Peugeot è realtà. A Parigi è da poco terminata la presentazione della Dakar, che ha già svelato nei dettagli i segreti del percorso –sussurrati dal non sempre ermetico David Castera- ma soprattutto l’elenco iscritti.
Nessuno ha il coraggio di dire che Peugeot è arrivata per vincere subito. Come fece con la 205 e con la 405 poi. Ma è la convenzione, l’esperienza a far cucire le bocche. O forse la paura di una squadra che si presenta con la solita impetuosità di chi ha investito tanto per un ingresso lampo nel rally raid.
La verità è che, anche se nessuno lo ammette, i francesi hanno pensato a tutto, dal tridente non giovanissimo –quarantasette anni l’età media- ad una vettura pensata, ripensata, studiata per una Dakar dura, certamente più di quella del 2013, tutta sabbia e contenuto tecnico, troppo sprint per un rally raid.
E pensare che il motorsport oggi guarda prima di tutto all’età. Anche fino all’eccesso, all’assurdo. Sorprendentemente, la Dakar (e non solo) continua a preferire di gran lunga piloti veterani, con alle spalle carriere trentennali. In un evento in cui la tenuta fisica non è da sottovalutare…
Ritorniamo alla 2008 DKR per un momento. Bruno Famin, alla guida del progetto, ha chiaramente messo in chiaro che l’obiettivo è vincere. Il primo tentativo, però, è spesso rovinoso. E deludente, anche per i grandissimi della Dakar. Lo svezzamento non è mai facile, specie se il percorso si trova in Sudamerica.
I percorsi tortuosi, davvero poco amati dai buggies, hanno sempre messo a tacere i tentativi degli ultimi anni, prima di Al Attiyah, poi di Sainz. Poi è venuta l’evoluzione della specie, Peugeot. Carreggiata stretta e vettura alta, due metri per due. L’auto è leggera e compatta, ha risolto il problema dei percorsi tortuosi stringendo la vettura e beneficiando degli indubbi vantaggi di un due ruote motrici. L’auto è una combinazione riuscita per i fondi sabbiosi, terreno di caccia della 2008; nondimeno, saprà difendersi e aggredire anche sui terreni aspri. Dall’altro c’è l’agilissima Mini X Raid, che a suo favore, comunque, ha soprattutto l’affidabilità. Dal 2013 in poi, i buggies hanno proprio perso su quel campo: allora Al Attiyah aveva già intuito alcuni difetti del mezzo. E la travagliata esperienza di Sainz con il buggy di Philippe Gache deve aver fatto riflettere i tecnici della casa del leone. Ora Peugeot ha compiuto un altro passo in avanti, portando uno dei mezzi più leggeri di sempre alla Dakar a candidarsi al successo. E non è da dimenticare lo sviluppo-lampo della 2008 DKR.
Ciò non toglie che Nani Roma, il grande favorito e indicato da tutti come l’uomo da battere, finisca per ammettere di temere più Al Attiyah, confermato in Mini dopo qualche sporadica gara con Toyota, e Giniel de Villiers, sempre su Toyota Hilux. I tecnici sudafricani hanno abbassato il centro di gravità e ridotto il peso di sessanta chili: su questo aspetto, il vincitore del 2009, si dichiara fiducioso. Noi aggiungiamo che Terranova, su Mini, e Alvarez, su Ford, sono i locali ”che non ti aspetti”: non possiamo non ritenere riduttiva la designazione di semplici “outsider”. Specie per un evento qual è la Dakar.
Certo, poi Famin ricorda che tutti sono avversari, inclusi i progetti di Ford e Mitsubishi. E’ quasi un rituale, che si ripete ogni anno. L’umiltà e un po’ di modestia nascondono la grandezza di un progetto che è nato con una vocazione precisa, di chi ha fretta e non vuole aspettare. O forse è il rispetto per una creatura affascinante e traditrice allo stesso tempo.
C’è un alone di mistero, una patina di cui i francesi vogliono liberarsi, anche perché come ricorda Al Attiyah “il mistero sulla Peugeot rimane”. Ma l’auto rompe ogni equilibrio e ogni schema convenzionale. Ha l’ambizione di battere Mini anche sul suo terreno preferito.
E poi ci sono gli altri, appunto. Quelli che si citano sempre perché di tanto in tanto si infilano sempre nelle posizioni di vertice. Da un regolarista come Carlos Sousa, che ritorna a Mitsubishi, dopo che l’interessante Haval ha ritirato il suo progetto Dakar all’arrembante Robby Gordon su Hummer. Non dimentichiamo neppure Al Rajhi, quest’anno brillante nel Cross Country e vincitore all’Italian Baja, che sarà al via su Toyota Hilux. Per la top five, guai ad escludere il neocampione Cross Country Vasilyev e Krzysztof Holowczyc su Mini, oltre che Marek Dabrowski, tutti nomi pesanti che hanno imparato a dire la propria. La Dakar non è fatta per gli agiografi dei grandi e nel percorso introduttivo alla Dakar lo mostreremo. Ogni progetto ha un suo cuore e un suo coraggio, una sua centralità.
Quello, però, è un altro discorso. Peugeot parte verso Buenos Aires consapevole che la tappa marathon sarà la cartina tornasole di tutto il progetto. Sanno che una vettura equilibrata è quel che serve, perché una Dakar mista e non sbilanciata è quelle che si vedrà nel 2015. Anche diversa dalla durissima –probabilmente troppo- edizione 2014. E sono pure consci che la Mini X Raid è molto più collaudata: ognuno, dal suo canto, ha le sue armi. Ed è su questo terreno che il team di Sven Quandt lancerà il guanto di sfida all’esuberante Peugeot…
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