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La storia del Rally di Svezia non ha mai lasciato dubbi: i migliori danzatori sulla neve, a tutta velocità e in mezzo alle foreste, sono sempre stati i nordici. Infatti si è dovuto attendere ben 53 edizioni prima di vedere vincere “uno straniero”. Tra l’altro nemmeno uno qualunque visto che si trattava di Sebastien Loeb, che comunque, dall’alto dei suoi nove titoli mondiali ci è poi riuscito solo una volta. E quest’anno, alla sessantaduesima edizione, dopo la straordinaria ed estemporanea doppietta francese Ogier-Loeb della scorsa stagione, siamo tornati alla “normalità”, ovvero cinque nordici ai primi cinque posti.
Come prevedibile e così come a Montecarlo ha vinto ancora una Volkswagen; stavolta però non quella del campione del mondo in carica, bensì quella del suo compagno Jari-Matti Lattvala, quel finlandese tanto talentuoso quanto discontinuo e falloso che tuttavia in Svezia è sempre riuscito a danzare al meglio, collezionando ben 5 piazzamenti a podio su 9 partecipazioni.
E non si può certo dire che questo suo terzo successo in terra di Svezia sia stata un’impresa facile: JML è riuscito, per una volta, a gestire con saggezza le insidie del terreno e gli attacchi insistenti di Andreas Mikkelsen, terza guida VW, che per due terzi di gara ha combattuto sul filo dei secondi ottenendo alla fine la sua migliore prestazione da quando è nel Mondiale Rally e dimostrando di non essere solo capace di mandare in tempesta gli ormoni delle appassionate di questo sport.
E subito dietro a Mikkelsen, grande è stata la performance di Mads Ostberg, il quale dopo il bel Montecarlo, ha tenuto sempre un ritmo molto alto, addirittura crescente col prosieguo della gara (bel successo nella power stage finale), con pochissimi errori, conquistando per la terza volta consecutiva il gradino più basso del podio sulle nevi svedesi, a soli 5,9 secondi da Mikkelsen. E come vedremo dopo, avrebbe meritato anche di più…
Se teniamo in considerazione che la Volkswagen Polo è nettamente la vettura più performante e consistente di tutto il lotto mondiale, credo sia corretto assegnare la palma del “migliore in campo” proprio al 26enne norvegese. E ripeto quanto ho scritto dopo Montecarlo: la Citroen ha fatto bene ad ingaggiarlo perché con un simile rendimento, insieme a Meeke, potrà regalare delle ottime soddisfazioni in una stagione partita senza grandi pretese.
Lattvala primo dunque, saggio e veloce, che si è meritato la vittoria finale soprattutto all’inizio della terza tappa, quando ha suonato la sveglia a tutti i suoi avversari infliggendo loro distacchi notevoli. Ma, siamo onesti, se Sebastien Ogier non si fosse preso quattro minuti e mezzo alla sveglia della seconda tappa, credo proprio che anche stavolta non ce ne sarebbe stato per nessuno. Il campione del mondo è stato per ben 14 volte su 24 più veloce del finlandese e, dopo l’errore ha comunque ripreso a danzare ad un ritmo infernale, da “nordico”, andando a conquistarsi un sesto posto finale, da considerarsi come oro nell’ottica del campionato.
A completare il ranking dei nordici ai primi cinque posti sono stati Hirvonen e il redivivo estone Tanak. Già Hirvonen… evidentemente, dopo il triste esordio a Montecarlo, le rigide temperature svedesi e le strade innevate in mezzo alle foreste gli hanno ricordato i fasti del suo passato con le due vittorie e altri tre piazzamenti a podio. Un buon piazzamento finale ma non la definirei comunque una grande gara, perchéMikko non ha mai fatto un acuto in tutto il weekend ed il suo distacco finale di due minuti e mezzo da Lattvala, ma anche e soprattutto uno e mezzo da Ostberg, sono spietati a dimostrare che qualsiasi esaltazione sarebbe fuori luogo.
Chi invece è andato abbastanza forte è stato Ott Tanak, ritornato nel WRC dopo un anno di assenza; c’è da dire che nel 2012 il giovane estone non era poi andato molto piano, collezionando anche un terzo posto in Sardegna, anche se oggettivamente il suo coetaneo Ostberg, sempre su Ford Fiesta, aveva fatto ben altre cose. In Svezia ha iniziato molto bene, tra l’altro decisamente meglio di Hirvonen a parità di vettura; poi, col prosieguo della gara e soprattutto con prove più lunghe e impegnative, ha un po’ abbassato il ritmo, pensando, forse giustamente, più a finire la gara che a fare exploit.
Cinque nordici ai primi cinque posti dunque, come da tradizione, poi il campione del mondo Ogier.
E le Hyundai? Erano tornate in anticipo a casa da Montecarlo per un strafalcione di Neuville ed un problema di affidabilità ed erano attese ad una riprova; stavolta non è stata l’affidabilità a tradirle ma entrambi i piloti incappati in uscite di strada da cui non sono riusciti a venir fuori. La sostanza è che purtroppo per la seconda volta sono tornati a casa con un doppio zero in casella e non è bello… L’avevamo detto, iniziare una nuova avventura con Montecarlo e la Svezia e fare pure bella figura non è compito facile; d’altra parte lo stesso Nandan, prima della gara, aveva abbondantemente messo le mani avanti rimandando un qualsiasi giudizio fino a dopo la gara in Portogallo. Certo che almeno portare le vetture al traguardo in Svezia sarebbe stato un gran bel passo avanti. A mio parere la delusione maggiore è stata la prestazione di Hanninen, scelto apposta per l’occasione, sempre perché i nordici sanno danzare meglio sulla neve; mai un acuto e sistematicamente dietro al suo compagno di squadra, quel Thierry Neuville che avrà di nuovo sbagliato ma se non altro ha fatto intravedere qualche segnale positivo per le vetture coreane. In Messico, la seconda guida di Hyundai cambierà ancora e sarà Chris Atkinson; chissà se stavolta la scelta dello “specialista” sarà più appropriata…
Vorrei fare ora qualche riflessione sui giovani, quattro nomi nuovi che si sono affacciati da poco sul palcoscenico del WRC suscitando grandi attenzioni; sono Evans (25 anni), Breen (24), Tidemand (23) oltre ovviamente al rookie Kubica, tra l’altro tutti su Ford Fiesta. A lato sono riportati i distacchi via via accumulati dal leader della gara. Mi sembra chiaro che il giovane che meglio si è districato su queste strade sia stato lo svedese Pontus Tidemand, alla sua seconda partecipazione a questo rally: pochissimi errori e una condotta di gara sempre piuttosto efficace. Anche Evans, per essere un “non nordico” e oltre tutto all’esordio assoluto in Svezia, non è andato niente male, pagando a caro prezzo una disattenzione proprio nell’ultima speciale, forse a causa di un comprensibile rilassamento di chi sapeva di essere ormai prossimo a chiudere una bella prestazione; capita, ma credo che si possa affermare che Evans c’è. Se escludiamo Kubica, quello che ha patito di più è stato invece Craig Breen; e pensare che in Svezia aveva già corso tre volte, seppure con una S2000.
Per quanto riguarda Robert Kubica invece, è difficile contare quante volte sia uscito di strada, aiutato ogni volta dalla “compagnia della spinta” a rientrare in qualche modo in gara anche se con distacchi sempre più abissali. Credo che per lui sia stata innegabilmente un’agonia. Non è un caso che le uscite di strada siano capitate nella seconda e terza tappa caratterizzata dalle prove più lunghe; è evidente la difficoltà anche fisica di dribblare le insidie su quelle strade. Tra l’altro, lo stato confusionale in cui è caduto il polacco è facilmente misurabile nel filmato seguente che mostra come, al rientro in strada, RK abbia ostacolato un furioso Ostberg, peraltro non credo (diciamo, mi auguro) non volutamente; sta di fatto (ed è un vero peccato) che conseguentemente a quell’intralcio, il norvegese si è visto sfuggire un secondo posto assoluto che avrebbe reso ancor più importante la sua prestazione.
Come ha detto giustamente uno che se ne intende come Vittorio Caneva, “la Svezia è sempre uguale… dossi, salti, foreste e laghi, il tutto a 180 km/h… impossibile ricordarsi solo un metro di percorso.” E per uno che, oltre all’handicap fisico, sta cercando di assimilare anche la presenza del navigatore rischia di essere davvero complicato arrivare in fondo senza errori. Non voglio comunque tornare sui soliti temi né alimentare le estenuanti e polemiche discussioni tra chi è pro e chi contro RK; nè voglio auto-citarmi ribadendo quanto scritto qualche settimana fa. Senza mai mettere in discussione il suo talento, rimango comunque sempre più convinto che Robert avrebbe fatto meglio a concludere la sua avventura nei rally tornando a competere su circuito.
Non ho parlato degli equipaggi italiani presenti in gara; spero che per loro sia stata una bella esperienza e soprattutto che si siano divertiti. Non ne parlo volutamente perché il sogno di tutti noi è quello di vedere nuovamente nel Mondiale qualche pilota italiano ma competitivo e credo che prendere una media di quasi due secondi al chilometro sulla neve da un arabo consigli di far finta di nulla, soprattutto se si è al secondo anno di WRC. Fortunatamente si è venuto a sapere proprio in questi giorni che la nostra Federazione ha deciso di imporre un deciso cambio di passo al “consolidato” Progetto Giovani, incaricando Bortoletto, Tedeschini e Pucci Grossi di “scoprire e poi seguire e consigliare sui campi di gara i giovani promettenti” (fonte Autosprint). Se vuole essere un approccio nuovo, una ventata di aria “fresca”, allora forse dobbiamo anche attenderci un futuro migliore.
Prima di concludere mi piace dedicare due parole ad un ragazzo finlandese di 23 anni che non ha partecipato a questa gara ma si sta dimostrando, senza ombra di dubbio,uno dei migliori talenti in circolazione, Esapekka Lappi. Credo che le immagini della sua vittoria in Lettonia al secondo appuntamento del Campionato Europeo (su una Skoda S2000), tra l’altro su un terreno molto simile a quello incontrato dagli equipaggi “mondiali” in Svezia, siano abbastanza esemplificative delle qualità di questo ragazzo: uno stile di danza sulla neve leggero, morbido con traiettorie sempre omogenee e tremendamente efficaci. Perché i migliori danzatori sulla neve sono sempre nordici. Ma attenzione perché Lappi sta dimostrando di andare forte un po’ dappertutto.
L’articolo originale si trova sul blog di GIORGIO FERRO
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