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Presentazione
E’ ancora presto per definire e tracciare delle forme di quella che si appresta a diventare la Dakar 2014, ma Luglio è indiscutibilmente il mese delle prime somme da tirare: in primo luogo, in questo periodo si chiude la prima metà della stagione sportiva, con alcune importanti classiche concluse, dalla Baja Aragon al Desafio Ruta 40, passando per la più giovane Romanian Baja. Per non dimenticare il Sardegna Rally Race che ha messo alla prova un Botturi tonico e il pluricampione della Dakar Despres alla prima esperienza sulla Yamaha, con Marc Coma vincitore, dopo tanti rimorsi e rimpianti per un’edizione Dakar 2013 mancata a causa di una condizione fisica precaria. Questa vuole essere, come accaduto negli anni passati, una sorta di agenda o registro di eventi raccolti non in un banale ordine cronologico, bensì in una sorta di sintesi che seleziona e ricerca gli stimoli offerti dal quadro dei rally raid.
Dakar e Bolivia: qualche contraddizione e diverse novità
Certamente, come vi abbiamo annunciato diverso tempo fa, la Dakar (http://www.rally.it/dakar-senza-frontiere-la-bolivia-entra-dal-2014/) è una grande famiglia, in cui i colori si raccolgono e si fondono, fra loro accostati, in un paesaggio sportivo, ma anche naturalistico, privo di eccezioni. La Bolivia è già incappata, in modo un pò rocambolesco, nelle polemiche inerenti i diritti fondamentali civili e la corruzione della giustizia, in un’accusa che Sean Penn, noto attore statunitense, sta portando avanti per escludere lo stato dal rally. Una battaglia lecita, condivisibile nella sostanza e specchio anche di una Dakar che cambia nelle contraddizioni, con qualche punto oscuro. Noi, che non ci permettiamo ad ogni modo di esprimere giudizi troppo netti, per molteplici motivi, possiamo confermare l’ottima salute dei percorsi boliviani, straordinariamente spettacolari, incantevole terra sudamericana contraddistinta da quel deserto di sale, il Salar de Uyuni, che, così lucente e vivido, si confonde con il cielo, inglobandosi in un contorno unico; tuttavia, solo le moto potranno attraversarlo, mentre bisognerà definire quale tracciato sarà scelto per i mezzi più pesanti. Dunque, un flash, un’immagine catturata, nonchè una cartolina positiva di questa edizione che gli appassionati, forse, vorrebbero un pò più “naif”, più spontanea, evitando le superate passerelle brevi, cerimoniose e fin troppo insignificanti. Se si vuole creare uno scenario estasiante, questo va già ricercato in quella che è la natura della Dakar, ripercorrendo con più convinzione e coraggio le “tappe marathon”, scrematura originale e definitiva di questa gara, ovvero una sorta di “test”, che dovrebbe invece essere il simbolo della distinzione del rally raid e non l’eccezione. In estrema sintesi, naturalezza e sincerità le chiavi della restaurazione, all’insegna di una gara a tappe che risalti i cosiddetti “Mostri Sacri”, fra cui possiamo ricordare, per quanto concerne le auto, Roma, Peterhansel e Terranova, grandi protagonisti anche nella stagione in corso, con quest’ultimo salito sulla nuova Mini ALL4 Racing, pronto a dare battaglia per la vittoria.
I percorsi
Altro imperativo è comunque “aggiungere frutta alla macedonia”, garantendo tuttavia l’inviolabilità degli emblemi sudamericani: si parte da Rosario, simbolica partenza che ha dato i natali a celebrità nell’ambito sportivo e storico, verso San Luis, opzione significativa, poichè la Dakar non rinuncia al significato dei simboli, ma concede ad ogni città una sua rappresentanza, ogni anno. Si ritorna invece sui tratti rocciosi e secchi di San Rafael, San Juan e Chilecito, presenti nel 2011 e nel 2012, ma assenti nel 2013: un piccolo passo indietro, poichè gli organizzatori sperimentano, valutano ed infine scartano. Il percorso è abbastanza selettivo ma neppure decisivo, un pò come quelle prime settimane dei grandi giri del ciclismo. L’Argentina offre terreni duri, proponendo la sua solita pampa secca ed umida, rendendosi responsabile di qualche colpo di scena, scenografici nelle forma, comunque tecnici poichè i piloti mantegono un ritmo di marcia considerevole. Annullato l’impegnativo arrivo a Fiambala, sostituito con quello di Salta, in passato diventato prestigioso per la sua tappa ad anello: nel 2014 verrà ancor più valorizzato, con la conferma del bivacco del riposo e come punto di partenza per/arrivo verso Uyuni, collante della gara stessa, nel suo ruolo primario di tappa marathon, oltre che capisaldo di collegamento fra Argentina e Cile, con quest’ultima nazione finale della lunga corsa, presumibilmente ancora decisiva nel decidere le sorti del rally. Calama sarà il primo punto di incontro, polverosa località al confine con gli stati limitrofi, ovvero quelli percorsi dalla Dakar stessa. Dal cuore delle Ande si oltrepassa il Deserto di Atacama, con destinazione Iquique ed Antofagasta, prime località costiere toccate dal rally nel 2014. Infine, saranno riproposte le grandi classiche del Cile, El Salvador e La Serena, in genere una composizione eterogenea di terreno arido e sabbia. Festa finale sul podio a Valparaiso, in genere molto affollata a gennaio per via della sua personalità fortemente improntata al turismo, cornice perfetta per un evento attento, come abbiamo sottolineato spesso, alle immagini.
Conclusioni
Dunque, giungiamo alle dovute conclusioni. La Dakar è un evento che, come i ragni che tessono le tele con spontaneità, si muove, sceglie e seleziona: la Bolivia è l’ultimo anello di una lunga catena. Innegabile è l’altezza raggiunta dall’asticella, al punto tale che gli iscritti si attestano, solo fra moto e quad, a quota 300, quasi come nel 2012, 305. Un numero, un singolo dato che potrebbe già essere un certificato, giacché ben ottanta equipaggi saranno esclusi. E pensiamo all’Italia, che l’anno scorso si è piazzato come settimo paese per iscritti, al numero di competitors giunti al traguardo, in verticale crescita, con quote che superano il 60%. E perchè non ricordare gli spettatori, stimati in 4,6 milioni?
Allo stato attuale, lanciarsi in ulteriori valutazioni sarebbe deleterio. L’ASO ha annunciato percorsi, nel complesso, più aspri e lunghi. Poche parole che però racchiudono un novero di fitte conseguenze, fra coloro che vogliono restaurare e quelli che desiderano innovare.