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Svegliarsi alle sei del mattino e fare quasi 200 km non mi capita spesso. Forse è per questo che quando mi fermo all’autogrill Dorno alle porte di Milano e incontro un alieno, mi sembra di sognare. Dopo avergli spiegato quale era la mia meta, l’alieno mi ha chiesto: “Ma dove vai tu, al Monza Rally Show, è un rally oppure no?”. Difficile dargli una risposta.
Grazie a Rally.it, che mi ha permesso di assistere in prima persona alla gara, ho provato a darmi (e dargli) una risposta. Prima di un rally credo che quello che è andato in scena all’Autodromo negli scorsi tre giorni sia uno show, una manifestazione competitiva ma lontano dai veleni alla quale siamo sommersi ogni santo giorno. Eppure le polemiche non si placano neanche per uno show, per una manifestazione competitiva si ma allo stesso tempo rilassante.
“E’ il modo migliore per concludere una stagione agonistica” ripete più volte Dindo Capello, recordman di vittorie nella gara monzese. Paolo Andreucci, uno che di rally ne sa qualcosa, lo propone addirittura come gara del CIR, con tutti i pro e i contro. Probabilmente ci sono dei costruttori che non aspettano altro che le gare di rally si trasferiscano in un circuito, dove il pubblico si siede in tribuna e guarda due traversi, come andare a vedere un film al cinema…
Poi c’è il vincitore della gara, Valentino Rossi, che continua la tradizione del “double” rally e master show, iniziato da Capello (2009) e proseguito da Sordo (2010) e Loeb (2011). Inutili, anche se ormai tradizionali, risultano le accuse al Dottore, reo di aver avuto una vettura “pompata” rispetto alle altre Fiesta. Difficile dare ragione ai detrattori, anche se in ogni caso Valentino dimostra anno dopo anno molta maturità alla guida di una WRC, seppur in un circuito.
Per il primo anno, tra l’altro, Rossi si è dimostrato molto aperto con il pubblico, rimanendo circa 10 minuti a contatto con i suoi fans per firmare autografi e fare foto. Un’immagine molto bella per un campione che negli ultimi due anni è stato bersagliato dalla sfortuna.
Promossa, come ogni anno, è l’Exibition Area, che cresce di anno in anno e vanta sempre collaborazioni con grandi gruppi (quest’anno la partnership era con Radio Montecarlo). Vetture da rally, personaggi dello spettacolo, musica e pubblico delle grandi occasioni: il Monza Rally Show ha di nuovo fatto centro.
Le note stonate, purtroppo, non sono mancate. Il Master Show, rinominato nel 2011 “Trofeo Marco Simoncelli”, ha dimenticato il suo “eroe”, che non è stato ricordato degnamente. Vero che lo scorso anno la manifestazione si è svolta 30 giorni dopo la morte del Sic, quindi il ricordo era ancora fresco ed è stato giustamente onorato con striscioni e “casino”. Quest’anno invece c’è stato un breve ricordo – con applauso del pubblico – al microfono. Nessuna pretesa di ricordare McRae, Burns, il povero Roberts… ma almeno sarebbe giusto dare un giusto tributo a un campione di motociclismo, che negli ultimi anni ha esaltato i centauri e i rallisti partecipando a qualche gara nella sua Romagna con Guido D’Amore alle note.
Chiusura rallistica. Insieme a me erano presenti alcuni amici, di cui alcuni completamente all’oscuro del mondo dei rally. Ho notato con piacere l’effetto sorpresa quando a scendere in pista erano i vari Andreucci, Rossetti, Albertini, gente che da spettacolo in pista come in strada. Ecco, forse in alcuni casi sarebbe molto interessante la presenza di campioni veri alla guida, gente come i vari Loeb e Sordo del 2011…
E poi, dopo la Grid Exibition, sarebbe interessante che il Monza Rally Show si avvicinasse ancora al mondo dei rally, con una prova nel parco (purtroppo ci sono problemi ambientali) o appena fuori dall’Autodromo. Anche se, a differenza di gare spettacolo come il Rally Legend, il Monza Rally Show vuole mantenere le distanze dal rallismo puro: si tratta di un evento di successo già collaudato, dove può salire chiunque ci creda. Non a caso all’interno dell’Exibition Area capeggiava la moto di Max Biaggi, e non la DS3 di Loeb…
Luca Piana