L’IRC è giunto al suo quarto appuntamento che segna, mi auspico definitivamente, un taglio netto con il passato. Il campionato stesso, secondo Dani Sordo, è ad un livello molto alto. Fino ad ora, però, la lotta ha riguardato solo la Skoda. Invece, un pò a sorpresa, la casa ceca, di fronte ad un gruppo piuttosto corposo di “vecchie volpi” ha dovuto quasi alzare bandiera bianca. Ciò, avviene in uno scenario paesaggistico mozzafiato, aggettivo che può descrivere perfettamente il percorso, che visto lo stato di usura, toglie certamente ai piloti il respiro.
Il Rally di Corsica è tornato ad un format tradizionale, che ha messo alla prova i piloti. La distanza da percorrere è sempre molto elevata, la medesima del 2011 e soprattutto è spalmata in appena 14 PS; la modifica dell’itinerario ha compreso la tappa finale. Dopo questa piccola introduzione, giungiamo ad una tematica forse banale, ma altrettanto poco dibattuta: la funzione dell’IRC nel “mercato piloti”. E’ inevitabile discuterne, anche perchè dopo la nascita dello stesso, per quanto quest’anno non si evidenzi un parco piloti assai numeroso, seppur in crescita rispetto all’inverno, questa serie ha compiuto passi enormi, se guardiamo il calendario dei primissimi anni. La possibilità di mettere a confronto poi piloti internazionali e locali, offre ad entrambi l’occasione di emergere, anche con piccoli programmi non particolarmente dispendiosi. Esiste il WRC Academy, ma se si vuole debuttare, veramente, nel WRC, bisogna prima di tutto passare qui. Per meglio dire, una volta il JWRC non era un monomarca come ora e di fatto, da quando la Ford ha in mano la stessa, non sono stati centrati obiettivi soddisfacenti. La funzione dell’IRC è effettivamente a pieno regime, è una sorta di scuola per i futuri piloti mondiali, pur essendo separato dalla serie stessa. Anzi, come si scriveva in questo articolo (http://www.rally.it/la-crisi-delle-serie-minori-del-wrc/), PWRC e SWRC sono diventati campionati che hanno un senso di esistenza molto limitato. Vedere arrivare a Montecarlo due vetture, di cui una neppure considerata fra le N4, è desolante. Per non parlare del campionato S2000, il quale a sua volta si accorcia al solo podio, a causa dei ritiri. Invece, questa lotta intrecciata con i locali, non solo va a benificio dei piloti stessi, ma anche al pubblico, che con il supporto di una buona copertura, è nelle condizioni di osservare gare combattute sul filo dei decimi, dense di colpi di scena, senza troppi tatticismi. E’ sufficiente notare che nel 2011, solo con buone liste di iscritti, la popolarità dell’Intercontinental Rally Challenge ha raggiunto picchi molto elevati, grazie alla chiave a “tre” del successo: Calendario-Piloti-Copertura. Così, eventi di maggiore visibilità, come il Tour de Corse, riscuotono ancora buoni risultati. Veniamo, riprendendo il discorso lasicato a metà, ai risultati di questa “scuola”, citando diversi partecipanti: -Thierry Neuville, forse l’esempio più riuscito, pur essendo giunto slo quinto nel 2011, ora pilota del team Citroen Junior, con ottimi piazzamenti;
-Kris Meeke, scoperto e abbandonato dalla Mini, vincitore dell’edizione 2009;
-Andreas Mikkelsen, senza dubbio è sotto la lente della Volkswagen in ottica 2013, campione IRC 2011;
Juho Hanninen, campione 2010, che potrebbe debuttare nel 2013 con la casa tedesca.
Questi, sono solo i piloti giunti più in alto o nelle facoltà di raggiungere la serie regina, perchè, volendo ricordare l’importanza di questa serie, si può ricordare l’interesse che ha suscitato in Breen, in forte crescita fra 2011 e 2012. Nomi importanti del WRC del passato, Freddy Loix, che ci riporta indietro negli anni 90′ o ancora Jan Kopecky, storico partecipante del progetto Skoda nel decennio scorso nel WRC. Insomma, quello dell’IRC è un mosaico di passato, presente e futuro, un miscuglio senza dubbio vincente.
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